è lungo, lo so, ma è davvero utilissimo ed interessantissimo per tutti i guidtori
mi raccomando, leggetelo che ne vale la pena
Ricorso al Giudice di Pace a seguito delle modifiche al Codice della Strada
di Marco Carlo Alberto Boretti
Con la norma in commento, che ha emendato 70 articoli, modificandone 2 ed aggiungendone 6, è stato profondamente mutato il regime delle opposizioni alle sanzioni per violazione alle norme del Codice della Strada avanti al giudice di pace.
Prima di commentare la norma principale relativa al ricorso giurisdizionale avverso i verbali di accertamento per violazioni al Codice della Strada, seppur incidentalmente, appare opportuno richiamare alcune disposizioni che rilevano nel procedimento di opposizione.
Non è certo il caso di affrontare in questa sede la questione relativa ai termini di notificazioni del verbale di violazione, che viene fissato in generale in novanta giorni, riducendo i precedenti centocinquanta, per cui sono già stati versati fiumi di inchiostro.
E’ rilevante rammentare che la presentazione di istanza di rateizzazione della sanzione pecuniaria comporta la rinunzia alla facoltà di presentare opposizione avanti al Prefetto, nonché ricorso avanti al Giudice di Pace (art. 202 bis). Ne consegue che ricorsi giurisdizionali presentati al solo fine di ottenere la ripartizione del pagamento in rate mensili dovranno essere dichiarati inammissibili già in sede di proposizione della domanda introduttiva.
Permane l’alternatività del ricorso giurisdizionale con l’opposizione proposta ex art. 203 avanti al Prefetto, per cui la presentazione di quest’ultimo comporta l’improcedibilità dell’azione giurisdizionale, sino alla decisione sul ricorso amministrativo.
Il decreto di fissazione dell’udienza avanti al Giudice di Pace è comunicato alle parti anche a mezzo fax od indirizzo di posta elettronica ex art. 7, D.P.R. 123/2001 (Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti).
Dispone il comma 3 bis dell’art. 204 bis del codice della strada riformato, che tra il giorno della notificazione e l'udienza di comparizione debbano intercorrere termini liberi non maggiori di trenta giorni, se il luogo della notificazione si trova in Italia, o di sessanta giorni, se si trova all'estero.
La scelta lessicale della norma appare in verità alquanto infelice.
Letteralmente, infatti, la norma impone un termine non superiore a giorni (liberi) trenta (sessanta se il trasgressore si trovi all’estero) tra la “notificazione”del decreto di fissazione udienza e il giorno stesso dell’udienza medesima.
Seguendo quindi l’interpretazione meramente letterale, il legislatore impone che fra la data presumibile della notificazione al destinatario e l’udienza non vi sia un termine superiore a trenta (o sessanta) giorni; per cui il giudice, una volta depositato il ricorso, può liberamente fissate udienza in qualsivoglia data, anche ad anni di distanza, purché il ricorso unitamente al decreto di fissazione udienza pervenga alle parti non più di trenta giorni prima della data disposta per la discussione della causa.
Questa lettura ermeneutica, ancorché legittima sul piano letterale, non sembra non mancare di senso logico, oltre che pratico. Infatti, una volta fissata l’udienza dal giudice, presumibilmente il personale di Cancelleria, già oberato, dovrebbe custodire il ricorso unitamente al decreto sino a circa trenta giorni prima dell’udienza e solo allora ricordarsi di provvedere alla notificazione alle parti, conservando un archivio agenda al solo fine di rispettare questa bizzarra trovata estiva.
Se lo scopo della norma era quello di consentire uno snellimento nella decisione dei ricorsi in opposizione alle sanzioni amministrative per violazioni alle norme del Codice della Strada, il rimedio appare non solo inappropriato, bensì contraddittorio.
Appare quindi forse più plausibile che il Legislatore abbia utilizzato impropriamente i termini nella stesura della norma, per cui probabilmente l’intenzione legislativa sembrerebbe più logicamente indirizzata a che fra il deposito del ricorso e la data di udienza non debbano decorrere più di trenta giorni liberi.
Pertanto il giudice di pace dovrebbe fissare la data dell’udienza di comparizione in modo tale che tra il giorno (presumibile) della notificazione del decreto di fissazione alle parti ed il giorno della medesima udienza intercorrano termini liberi non maggiori a trenta (sessanta) giorni. Solo in questo modo la norma ha un suo senso logico, che è appunto quello di sveltire il contenzioso per le violazioni al Codice della Strada. Non ci si può nascondere, infatti, che in alcuni Uffici giudiziari di Italia, vuoi per la carenza di organico, vuoi per il carico di lavoro, le udienze per le opposizioni ex art. 204bis CdS venissero fissate ad almeno un anno di distanza dalla proposizione del ricorso.
L’interpretazione sopra richiamata trova una indiretta conferma nella stessa seconda parte del comma 3bis del modificato art. 204 bis del Codice della Strada. Dispone la norma “se il ricorso contiene istanza di sospensione del provvedimento impugnato, l'udienza di comparizione deve essere fissata dal giudice entro venti giorni dal deposito dello stesso”. Qui il legislatore non parla più di notificazione, ma di fissazione di udienza.
Un piccolo inciso appare doveroso. Prima di questa riforma, il giudice di pace, in sede di fissazione dell’udienza di comparizione, su istanza della parte ricorrente, inaudita altera parte, poteva, ex art. 22 u.c. L. 689/81, sospendere l’esecutività del provvedimento impugnato. Disponeva la norma, infatti, che l’opposizione non sospende l’esecuzione del provvedimento impugnato, salvo che il giudice, concorrendo gravi motivi, disponga diversamente con provvedimento non impugnabile. Tale facoltà, nella prassi, è stata forse abusata dai ricorrenti, che richiedevano la sospensione del provvedimento quale clausola di stile, e mal applicata da alcuni giudici di pace, che con molta sine cura concedevano la sospensione anche in assenza di reali gravi motivazioni.
Il legislatore oggi non consente più al giudice di pace di sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato, ma impone che venga fissata una udienza per la discussione della istanza preliminare. Non si può non vedere una evidente similitudine della procedura con quelle proposte in via cautelare sia in sede di contenzioso civile (es. artt. 283, 431, 649, 669bis e ss. c.p.c.) che amministrativo (art. <st1:metricconverter ProductID="21 L" w:st="on">21, L</st1:metricconverter>. 1034/71).
L’iniziativa legislativa non può che essere apprezzata, ma, ancora una volta, l’autore normativo ha utilizzato una terminologia che può apparire inappropriata.
Letteralmente l’ultima parte del comma 3 bis dell’art. 204 bis del nuovo Codice della Strada dispone che il giudice debba fissare udienza nel termine di venti giorni dal deposito del ricorso con istanza di sospensione del provvedimento impugnato. Potrebbe sembrare, sulla scorta di una lettura meramente testuale della norma, che il legislatore si accontenti che il giudice, nei venti giorni dal deposito del ricorso, si limiti a fissare udienza di comparizione, che potrebbe essere tenuta dopo parecchio tempo, compatibilmente con l’agenda ed il ruolo del giudicante. Sarebbe stato preferibile che la norma esplicitasse che l’udienza debba essere celebrata entro venti giorni dalla proposizione del ricorso con istanza di sospensione.
In ogni caso, una interpretazione troppo letterale della norma non solo svilirebbe il fine teleologico della disposizione, ma condurrebbe a risultati pratici illogici e contraddittori. Infatti il cittadino ricorrente, che ritiene che l’esecuzione del provvedimento impugnato possa provocare un grave danno, non ha più la possibilità di ottenere dal giudice una pronunzia immediata sulla richiesta di interrompere gli effetti negativi dell’accertamento contestato, ma rischierebbe che, sulla istanza, il giudicante si pronunzi dopo mesi, quando, magari, il provvedimento potrebbe aver già provocato i temuti e lamentati danni e comunque la richiesta potrebbe aver perso la sua attualità. E’ pur vero che la fissazione dell’udienza nel ristrettissimo termine di venti giorni comporterà senz’altro problemi operativi pratici di gestione, primo fra tutti la difficoltà relativa alla notificazione del decreto di fissazione udienza alle parti, ma la questione potrebbe essere stata risolta dal legislatore, seppur ingenuamente, con la notificazione della fissazione dell’udienza a mezzo fax o posta elettronica, di cui al comma 3 della medesima norma. Non si può, infatti, non ritenere che, purtroppo, non tutti i cittadini italiani dispongano di apparecchio per la ricezione fax o dispongano di un indirizzo elettronico, rammentando che la facoltà di proporre ricorso avverso sanzioni amministrative è un diritto riconosciuto quisque de populo a qualsiasi cittadino senza l’assistenza tecnica di un professionista. Pertanto potranno nascere problemi di tempestività della notificazione del decreto di fissazione a quei ricorrenti sprovvisti di fax o posta elettronica, nei confronti dei quali la comunicazione dovrà avvenire nelle forme (e soprattutto i tempi) ordinarie.
Riassumendo, pertanto, secondo una lettura che appare a chi scrive più logica e conforme alla presumibile volontà legislativa, il giudice dovrebbe fissare una udienza di comparizione in modo che tra il giorno della notificazione del decreto e la stessa data di comparizione delle parti non intercorra un termine maggiore di trenta giorni; nel caso in cui il ricorrente abbia avanzato istanza di sospensione del provvedimento impugnato, l’udienza di discussione anche sulla richiesta cautelare dovrebbe tenersi entro venti giorni dal deposito del ricorso.
A norma del comma 3ter dell’articolo in commento, l'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento, salvo che il giudice, concorrendo non solo gravi, ma anche documentati motivi, disponga diversamente, ma solo nella prima udienza di comparizione, sentite l' Autorità che ha adottato il provvedimento opposto e la parte ricorrente, con ordinanza motivata, ora comunque impugnabile avanti il Tribunale.
Nel silenzio della legge, nulla vieta al giudice di trattare anche il merito del ricorso nella stessa udienza fissata per la discussione della istanza di sospensione e decidere con dispositivo.
Unico punto fermo è l’interdetto della legge al giudice di decidere sulla sospensione del provvedimento impugnato non in contraddittorio fra le parti.
E’ intuitivo che la nuova scansione dei termini processuali potrà provocare problemi di gestione nel ruolo dei magistrati onorari, che dovranno gestire le proprie udienze nel rispetto di quanto voluto dalla Legge 120/2010. Occorre però rilevare che i termini di fissazione udienza debbano intendersi quali ordinatori, in quanto, a norma dell’art. 152 c.p.c. tutti termini processuali sono da intendersi quali ordinatori, tranne che la legge stessa li dichiari espressamente perentori. Si pensi, solo a titolo esemplificativo, a quanto statuito dall’art. 415 c.p.c., ove il giudice, entro cinque giorni dal deposito del ricorso, dovrebbe fissare udienza di discussione, e che fra il giorno del deposito del ricorso e l'udienza di discussione non dovrebbero decorrere più di sessanta giorni, tutti termini che, nella pratica, non vengono di massima rispettati. Pertanto nessuna conseguenza processuale può derivare dal mancato rispetto di termini ordinatori, salva comunque la responsabilità disciplinare del magistrato onorario, che è comunque soggetto a verifica in sede di riconferma. Ne consegue, ferma restando l’ordinatorietà dei termini, che il giudice di pace, nei limiti delle umane possibilità, dovrà comunque cercare di rispettare i tempi imposti dalla riforma al Codice della Strada.
Il legislatore del <st1:metricconverter ProductID="2010 ha" w:st="on">2010 ha</st1:metricconverter> anche voluto cercare di fare chiarezza in punto legittimazione passiva del procedimento di impugnazione a violazioni al Codice della Strada, competendo al Prefetto ed ai suoi funzionari contraddire nelle opposizioni a violazioni accertati da organi dello Stato, Ferrovie dello Stato, Ferrovie in concessione e Anas, essendo invece riservata, rispettivamente, a Regioni, Province e Comuni la legittimazione passiva per gli accertamenti eseguiti dai rispettivi uffici. Vengono risolti così i dubbi circa la legittimazione e rappresentanza processuale di Ministeri e della Avvocatura di Stato. Più difficile da immaginare, nella pratica, quale accertamento di violazione al Codice della Strada spetti ai dipendenti di S.p.A. Trenitalia (non più Ferrovie dello Stato dal 2000) o altri soggetti privati concessionari di trasporto; ci si chiede se si tratti dell’ennesimo rifuso dell’estensore di fine luglio. Con l’abrogazione di parte dell’art. <st1:metricconverter ProductID="205 C" w:st="on">205 C</st1:metricconverter>.d.S., sembra che <st1:PersonName ProductID="la Prefettura" w:st="on">la Prefettura</st1:PersonName> non possa più delegare gli enti territoriali (come i Comuni) a costituirsi in seguito ad opposizioni ad ordinanze ingiunzioni susseguenti a verbali di polizia locale, ferma restando la facoltà generale di nominare singoli soggetti a partecipare in udienza ex art. 317 c.p.c..
Con la sentenza di rigetto, il giudice di pace deve determinare l’importo della sanzione e condannare il ricorrente soccombente al pagamento di quanto dovuto con sentenza immediatamente esecutiva. Come è noto, il giudice, in ogni caso, non può determinare una sanzione che sia inferiore al minimo edittale previsto dalla legge. Seguendo la lettera della norma, sarebbe preferibile che il giudice di pace, nel dispositivo, indichi l’importo esatto cui il ricorrente è condannato al pagamento, al fine di consentire una più immediata esecuzione del provvedimento, titolo esecutivo per legge, che dovrà essere assolto da parte soccombente entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza di rigetto in favore dell’Amministrazione cui appartiene l’organo accertatore, che, come si è visto, non coincide necessariamente con la parte che ha resistito in giudizio.
La sentenza del giudice di pace deve essere comunicata a cura della Cancelleria entro trenta giorni dal deposito del provvedimento decisorio all’Ufficio od al Comando a cui appartiene l’organo accertatore, gravando quindi le Cancellerie di ulteriore attività. Nel termine “la sentenza …è trasmessa” si può ritenere che siano ammissibili tutte le forme di cui al D.P.R. 123/2001 o che possa anche effettuarsi a mezzo fax.
Le disposizioni di cui all’art. 204bis dovrebbero applicarsi unicamente alle opposizioni ai verbali di accertamento di violazioni alle norme del Codice della Strada, restando escluse dalla procedura tutte le differenti impugnazioni di competenza del giudice di pace di cui alla Legge 689/81 che non ineriscano violazioni al CdS.
Secondo una rigorosa interpretazione, del resto, le stesse impugnazioni ad ordinanza ingiunzione con cui il Prefetto rigetti il ricorso a verbale di contestazione per violazioni al Codice della Strada non dovrebbero seguire integralmente la procedura di cui all’art. 204 bis. Infatti l’art. 205 richiama solo alcune delle norme contenute nell’art. 204 bis, con esclusione di quelle relative ai termini esaminati nel comma 3bis dell’articolo in commento. Pertanto, per le opposizioni ad ordinanze ingiunzioni, il giudice, a prescindere dalle richieste di sospensione, dovrebbe fissare udienza nei termini di cui all’art. 163 bis c.p.c..
Solo l’esperienza susseguente alla giurisprudenza ed alla prassi dei singoli Uffici, però, potrà col tempo consentire una analisi più completa della portata della riforma e permettere un giudizio più adeguato sulla bontà delle novità legislative.
fonte www.altalex.com
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